mercoledì 1 luglio 2015

tutto il ferro della tour eiffel
[prima parte]



    Chez Ciro

    Il nome, Chez Ciro, starebbe forse meglio sull'insegna di una pizzeria.
    Una strana targa metallica è appesa tra il menu delle crepe dolci e il menu delle crepe salate: "Il ferro protegge dalle malíe e dalle invidie dispettose: per questo è odiato dagli elfi e dagli uomini di piccola taglia."
    Il mio angelo custode romano, che ho deciso potrà tornarmi utile in questa avventura un po' elfica e mistica, piena zeppa di angeli custodi, continua a ripetermi "lassa perde, damme retta, nun entrà..."
    Ma io ho fame.

    – Una crepe con la nutella, grazie!
    – Prego, prego, venga... – mi dice l'omino della creperia.
    È piccolo piccolo.
    Ha due baffetti neri neri, una camicia anni Ottanta e una faccia che sono sicurissimo di aver già visto.
    – Dove?
    – Venga, venga, prego...
    L'omino schiocca le dita: l'insegna della creperia si spegne; la saracinesca della creperia si abbassa; sulla targa metallica compare la scritta: "Chiuso per anni".

    Seguo l'omino in una specie di scantinato. Lui va dietro al bancone ed è qui che finalmente lo riconosco.
    – Guarda qua che cosa c'ho per te: Donna che si spettina, dice Ciro, e nel dirlo tira fuori un pastello su cartone.
      Non mi sembra granché.
    – No, hai ragione, è solo un finto Degas: l'ho fatto io.
    – Ciro Degas...
    – Ma devi sapere che negli ultimi anni della sua vita, Degas era diventato mezzo cieco; e questo può giustificare molte cose. Fidati di Ciro: fra trent'anni lo crederanno autentico e varrà una tombola. Io te lo vendo al prezzo di una crepe prosciutto e formaggio.
    Mi ha convinto. Caccio fuori i 3 euro e 50, senza star lì a tirare sul prezzo, e sperando in cuor mio che la smetta e cucini finalmente qualcosa.




    – Ma non ti vedo contento. Forse la pittura non ti appassiona troppo...
    – No, vabbè, che c'entra...
    – Tu sei più letterato, mi sa. Allora, credi a me, stai in una botte de fero...
    Si scosta un po' di lato e tira fuori una boccetta. Con un liquido azzurrognolo. Che sembra venire da lontano.
    La poggia sul bancone, con gesti da televendita, e infine esclama: – Mezzo litro di acqua del mare del vecchio e il mare!
    Questo è matto. Ma sei euro e novanta mi sembra un buon prezzo: su una mensola del salotto, sotto il finto Degas, un giorno farà la sua figura.


    Il baule pieno di gente

    – Ma non ti vedo contento. Sei uno scrittore, per caso?
    – Se basta scrivere, per essere uno scrittore...
    – E a chi ti ispiri?
    – Mah, nessuno in particolare. Molto low-profile. Al massimo, potrei essere un eteronimo di qualcuno.
    Gli occhi di Ciro si illuminano. Il suo angelo custode elfico, tempestivo, gli infila un guanto di lattice, prima che lui compia la sventatezza di toccare a mani nude un oggetto di ferro. E allora, finalmente e teatralmente, Ciro tira fuori una piccolissima chiave color ruggine.
    – La chiave del baule di Pessoa! – dice.
    E qui – capirete – anche i miei occhi si illuminano.
    – Quello pieno di gente?
    – Quello ritrovato dopo la sua morte, con migliaia di scritti attribuiti a lui.
    – Attribuiti...?
    – Beh, sì, insomma, migliaia di scritti dei suoi eteronimi. Poi ti dico meglio...
    – E il baule? Che ci faccio con la chiave senza baule?
    – Scherzi? Vai da un bravo fabbro ferraio e ti fai costruire una serratura intorno alla chiave.
    – Hmm.
    – E poi la fai montare sulla porta di casa.
    – Ah.
    – E quando rientri a casa, apri la porta utilizzando la chiave del baule di Pessoa. Ti pare niente?
    Mi ha convinto. Ci accordiamo per cinquanta euro. Ciro, magnanime, insieme alla chiave mi rilascia un buono sconto da utilizzare presso un fabbro ferraio di Montmartre.
    – E visto che hai fatto una bella spesa, ti regalo pure il diario di Asterix e Obelix.
    – Bello. Ma è del 2004.
    – Embè? Cancelli i giorni e te regoli coi santi...




    Saluto e sguscio via dalla porta sul retro.
    Ciro mi insegue. Ha in mano un oggetto che non distinguo ma di sicuro vuole vendermi.
    Io corro più veloce che posso. Però, col pastello sotto il braccio, la mezzo litro in una mano e la chiave arrugginita nell'altra, mi sento lento e pesante come un Bruno Sacchi di borgata.
    Ciro, sempre più vicino, mi grida dietro qualcosa che riguarda Pessoa e la chiave.
    Il baule, grida.
    Il giornale, grida.
    Io corro più veloce che riesco. Ma non basta, se non mi faccio venire un'idea.
    E fortunatamente e finalmente, ho un'intuizione – chissà se è il mio angelo custode a suggerirmela. Curvo verso destra, mi butto dentro lo Champ-de-Mars, e inizio a desiderare con spasmodica intensità tutto il ferro della tour Eiffel.


[continua qui]

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